L’Osteopata rivolge la propria competenza a valutare e rilanciare il potenziale di autoregolazione (omeostasi) ed adattamento (allostasi) intrinseco nei tessuti umani, non si occupa di riabilitazione fisioterapica e pertanto non orienta il proprio intervento alla cura di una patologia specifica, sebbene i pazienti che si rivolgono ad un osteopata possono essere anche affetti da patologie più o meno correlate col motivo del loro consulto. Le competenze dell’osteopata sono inquadrate sulla base dei modelli di relazione Struttura/Funzione e con i Ritmi Biologici Involontari riflessi implicati¹.
L’Osteopata, per il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra, effettua l’individuazione della disfunzione somatica² , vero e unico target professionale, mediante palpazione percettiva³ , test di diagnostica differenziale e diagnosi funzionale sui tessuti. Egli non esegue diagnosi di patologia, non elabora un programma di riabilitazione fisioterapica, ma agisce nel ripristino del potenziale di autoregolazione tessutale e dei ritmi biologici involontari riflessi implicati, collaborando con altre figure sanitarie. Per saper fare diagnosi differenziale però deve conoscere la semiotica medica, la fisiopatologia e la patologia medica al fine eventualmente di
deferire a un medico le competenze del caso clinico.
Il documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO o OMS), intitolato “Benchmark per la Formazione in Osteopatia”, definisce l’osteopata “professionista laureato con diritto alla diagnosi neuro-muscolo- scheletrica”.
L’osteopatia è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una professione sanitaria di contatto primario con competenze di diagnosi, gestione e trattamento dei pazienti, esclusivamente manuale, che s’indirizza a tutti i cittadini, dal neonato all’anziano.
Essa si basa sull’evidenza che nell’organismo umano l’integrità della struttura e l’efficienza della funzionale sono strettamente legate e che l’organismo umano dimostra in varie condizioni una tendenza intrinseca verso il raggiungimento di un nuovo livello omeostatico il più prossimo possibile a quello in cui si trovava prima dell’evento.4
L’Osteopata5 pratica autonomamente la palpazione percettiva, la diagnosi differenziale e pone in essere tecniche rivolte ad applicare i principi caratterizzanti dell’osteopatia nei diversi ambiti:
a. Approccio Osteopatico in ambito Muscolo- Scheletrico,
b. Approccio Osteopatico ai Tessuti Molli,
c. Approccio Osteopatico ai Ritmi Biologici Involontari.
Nella visita osteopatica tipo per prima cosa l’osteopata guarda l’intera persona osservando il cammino delle eventuali asimmetrie, esegue test di screening (test di mobilità attiva e passiva).
I reperti anomali dell’aspetto generale, come la simmetria dei punti di riferimento ossei o il movimento regionale, suggeriscono una successiva valutazione probatoria per valutare eventuali alterazioni tissutali e asimmetrie del movimento segmentale.
Cosi, per un problema per esempio alla spalla sinistra, l’osteopata potrebbe trovarsi ad aver individuato aree di disfunzione somatica associate a organi sotto il diaframma come lo stomaco o settori comunque collegati al tratto digerente superiore e anche al distretto cervicale e craniale e a trattare tali distretti, magari senza quasi trattare la spalla stessa.
Ciò non toglie che ci siano spalle che meritano di essere trattate direttamente senza necessariamente relazioni viscerali o di altri distretti corporei.
La palpazione rivela aree localizzate che si differenziano da quelle circostanti per temperatura, gonfiore, iper o ipo sensibilità e compattezza.
Tutto questo modus operandi tipico di un professionista osteopata nulla ha a che vedere con il modus operandi della fisioterapia che mira a una riabilitazione di funzioni e/o abilità perse a causa di eventi patologici congeniti o acquisiti6.
In osteopatia non ci si occupa di riabilitare le abilità perse per tali eventi, come per esempio riabilitare uno schema corretto di deambulazione dopo una frattura del femore, o protesi articolare o ictus. Ciò non significa che i due percorso terapeutici non possano coesistere. L’osteopata, durante la riabilitazione fisioterapica svolta da un fisioterapista, può contribuire al recupero attraverso un intervento, con ragionamento clinico osteopatico, volto a riequilibrare le fasce, il bacino e i ritmi involontari (cranio sacrale, viscerale) al fine di amplificare i tempi di recupero.
Senza il ragionamento osteopatico le stesse tecniche, applicate singolarmente, sarebbero mera terapia manuale!
È bene chiarire il concetto di riabilitazione che non deve essere confuso con il target dell’osteopata.
Dall’enciclopedia Treccani si evince che con il termine riabilitazione s’intende l’insieme dei mezzi utilizzati per restituire alla comunità quei soggetti che per qualsiasi motivo (disabilità fisica o mentale, droga, prostituzione ecc.) ne siano temporaneamente esclusi. La riabilitazione assume un particolare significato in campo medico in quanto, riferendosi agli esiti di eventi patologici o traumatici che riducono le capacità dell’individuo a funzionare adeguatamente e interagire socialmente, cerca di proteggerne o ripristinarne l’identità personale e sociale.
Tuttavia la riabilitazione trascende i confini della medicina, i cui procedimenti terapeutici possono essere considerati in parte anche riabilitativi. Infatti la riabilitazione prende in considerazione non solo gli aspetti motori, cognitivi o comportamentali limitati da una qualsiasi patologia, ma anche quelli psicosociali, economici e lavorativi.
Da ciò se ne deduce che la riabilitazione ha tante sfaccettature e che quella fisioterapica è solo una parte del totale.
Così riabilita, a una corretta occlusione mandibolare, il dentista dopo intervento odontoiatrico (protesi fisse o mobili, impianti ecc…), riabilita il podologo dopo aver eseguito interventi podologici sui piedi con strumenti o con ortesi plantare, riabilita lo psicologo nei confronti di una mente con difficoltà come la depressione, l’angoscia, l’ansia ecc…, riabilita il tecnico ortopedico dopo applicazione di calzature nei confronti di persone con grave asimmetria agli
arti, patologie neurologiche e non agli arti inferiori (paraparesi, spasticità, scoliosi ecc..).
L’osteopatia ha una sua identità come medicina manuale autonoma di primo contatto e il paziente è considerato in una visione globale che abbraccia, in un ragionamento clinico integrato, la sfera craniale, la sfera muscolo scheletrica, la sfera viscerale, quella neuro vascolare e fasciale.
1 Modello Biomeccanico-Posturale (Chen CS. Ingber DE, 1999; Ingber DE, 1997; Norré ME, 1995); Modello Neurologico
(Heinricher MM,Ingram SL, 2009; Ren, K, Dubner,R, 2009; Van Buskirk RL, 1990; Donnerer J, 1992; Willard FH, 1997); Modello
Energetico- Metabolico (McPartland JM, 2008; Norré ME, 1995; Winter DA, 1990); Modello Circolatorio/Respiratorio
(Degenhardt HF, Kuchera ML,1996); Modello Biopsicosociale/Comportamentale (Melzack R. 2001; Gatchel RJ. 2004; Drossman
DA 2004; Flor H, Hermann C. 2004; Quintner J. L, et al. 2008).
2 International Classification of Desease (I.C.D.) 10: M99,00/M99,09, ISTAT 2010; Van Buskirk R.L. 1990, Fryer G. 1999
3 Allen TW 1993, Di Giovanna, E. Schiowitz S 2004, Ward R.C. 2003, Kimberly P.E. 2000.
4 World Health Organization (2010). Benchmarks for Training in Osteopathy. Geneva: WHO.
5 CEN Norme Européenne prEN 16686: 2015.
6 Profilo professionale del fisioterapista dal Decreto Ministero Sanità 14 settembre 1994, n. 741 (in GU 9 gennaio 1995, n. 6).